Dalla
Legge 70/75 all’art. 64 della Legge 144/99
INTERROGATIVI
Perché
ad una piccola parte di ex dipendenti del parastato (circa tremila ultrasettantenni
nel 1997), obbligati a versare per
oltre trent’anni un consistente contributo aggiuntivo, non
viene riconosciuta alcuna prestazione correlativa?
Com’è
stato possibile che, nonostante la
chiara e perentoria esclusione “di trattamenti
economici accessori ovvero trattamenti integrativi relativi ai singoli enti
o categorie di enti.”. disposto dall’art.
26 (3°comma)della L.70/75), gli
Organi vigilanti, abbiano consentito, già a partire dal 1979 tutto un fiorire
nel tempo di indennità extra stipendio poi inglobate nel trattamento
integrativo dei soli dipendenti degli Enti non soppressi?
Come
mai con l'art. 18 del Dlgs 21.4.1993
n. 124, in palese contraddizione con l'obiettivo generale di quel provvedimento che
ridimensionava la totalità dei trattamenti pensionistici, si è voluta
l'abrogazione del 2° comma dell'art. 14 della L. 70/75, rimovendo un
blocco che durava ormai da diciotto anni e consentendo il riscatto di
periodi pregressi, tanto osteggiato
per altre categorie?
Considerato
poi che le prestazioni vengono calcolate riferendosi
“alle stesse voci pensionabili del Fondo ...", quali voci retributive
sono state prese in considerazione per esercitare tale benevolo riscatto?
Come
mai nell’art. 64 della legge
144/99 è stato accolto il criterio discriminante
suggerito cinque anni prima dalla Segreteria della Direzione Generale
INPS sotto forma di proposta
di emendamento all’art. 12 comma 6 del D.d.L. n. 1365/C? (*)
In
conformità a quale principio, nelle more della discussione della legge,
l’INPS ha potuto adottare la
delibera INPS 593/96 contenente tale
criterio e renderla immediatamente operativa oltre
tre anni prima della sua esplicitazione nella citata legge 144/99?
Come
mai, in uno stato che si dice di diritto ma è privo di norme per tutela
collettiva (class action), nella stessa legge 144/99 è stato introdotto il
“divieto di estensione di decisioni giurisdizionali nella materia del pubblico
impiego” (art. 24) in netto contrasto con il contemporaneo parere della Corte
di Cassazione (sentenza 6170/98(**))?
Cosa ha indotto l’INPS a denunciare in data 23 febbraio 1995 un
“insostenibile situazione” venutasi a creare con l’applicazione di una
legge (art. 15 L. 23.12.95 n. 724) pubblicata
due mesi prima tralasciando per l’occasione quanto aveva sempre sostenuto,
per poi riprenderlo in seguito, e cioè che
"...originariamente (anni 1969/1971) il raffronto della
pensione integrativa con quella dovuta dall'AGO si effettuava in presenza di
basi imponibili e pensionabili pressoché omogenee, mentre nel tempo è
molto spesso venuta meno a causa dello scostamento
assai rilevante che si
è verificato tra le due basi..."(preambolo alla delibera n.
593/96)?
Per
quale motivo il concetto di "raffronto... non già dell'intera pensione dell'AGO, ma della sola
quota di quest'ultima riferita
alle stesse voci pensionabili del Fondo ...", introdotto sempre a
decorrere dal 1.1.95 dalla stessa
delibera, debba essere applicato solo ai dipendenti in servizio al 1.1.95 e non
a quelli degli enti disciolti, regolati dalla stessa legge (70/75)?
Perché,
una volta acquisito quel principio, con la medesima delibera si è ritenuto
di "…assicurare
comunque al dipendente una integrazione
annua minima...", "..non
inferiore alla misura del trattamento minimo di pensione nell'assicurazione
generale obbligatoria aumentato del 25%,
per 40 anni di servizio utile" sempre
escludendo dal riconoscimento i pensionati degli Enti disciolti?
Come
mai la Ragioneria Generale dello Stato ha lasciato cadere la segnalazione 17802
del 5.11.97 del Collegio Sindacale dell’INPS circa talune “perplessità”
concernenti il fondo interno degli impiegati dell’INPS?
Per
quale ragione dal disegno di legge 4050 (XIII legisl.)
“L'articolo 7... è stato depurato dall'impegno governativo, assunto
in risposta ad un'interrogazione parlamentare dell'aprile 1997, e riguardante i
fondi integrativi dei dipendenti degli enti parastatali disciolti”?
(***)
Com’é possibile che i proponenti (Onn.
Ciampi, Treu, Bassanini, Costa) nel
1998 (DdL 3593 – XIII legisl.) affermino
assenza di costi per operazioni per
le quali un anno prima (11 settembre 1997) in Parlamento il Sottosegretario On.
Pizzinato, nella risposta all’interrogazione 5.00954, ne aveva sostenuto l'inattuabilità, proprio in funzione dei costi
eccessivi?
Perché, superato quell’ostacolo per la
stragrande maggioranza della categoria - 60.000 dipendenti - , ci si ostina a
voler dimenticare ancora una volta l’esiguo numero degli orfani degli Enti
soppressi (ormai molto meno di 3.000)?
Qual
è la vera remora che non fa trovare il poco tempo ed i modestissimi
fondi necessari a risolvere
un problema di onestà e, a questo punto, di pudore,
che in termini monetari rappresenta
una piccolissima frazione di quanto accumulato anche con i proventi di quella
seconda contribuzione (oltre ai contanti passati
nelle casse INPS: un attivo di
252 miliardi valore 1980!), furono realizzati immobili per migliaia di
miliardi (tra cui le sedi INAM!), la maggior parte dei quali
ceduti senza alcuna contropartita
al SSN e alle Regioni o che, per
quelli rimasti, vengono posti in vendita?
Come
mai si trova 1 miliardo di euro
l’anno per finanziare il fondo ex INPDAI, i cui assicurati hanno sempre
versato contributi sensibilmente inferiori e percepiscono prestazioni molto
superiori rispetto agli ex parastatali degli Enti disciolti, mentre
si trova difficoltà anche solo a vagliare i diritti di questi?
E
rimanendo nell’ambito della
categoria, come mai e in che modo si sono
trovate migliaia di miliardi non
solo per eliminare lo “scostamento” aggiungendovi per di più la garanzia di
un minimo anche per quelli
originariamente esclusi, ma
addirittura per concedere agli stessi generosi
"trattamenti aggiuntivi", come
p.e. l'assicurazione complementare sanitaria, il cui solo costo complessivo
supera certamente quello degli importi
depredati ai discriminati?
Molti altri interrogativi si agitano nelle menti dei pochi superstiti
dei 3000 depennati nel 1997 (quanti saranno ora?) ma, per carità di Patria è
bene smettere! Tanto si conosce già la risposta: un OSTILE SILENZIO
(a
cura di www.pariastato.it/index.htm)
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(*) INPS:
proposta (44249720 del 14.10.1994) di emendamento all’art. 12 comma 6 del
D.D.L. n. 1365/C (misure di
razionalizzazione della finanza pubblica) del seguente tenore:
“Al comma 6 dopo le parole “20 marzo 1975, n. 70.” aggiungere il seguente
periodo: “Per tali dipendenti, a decorrere dal 1 gennaio 1995, la
contribuzione dovuta al fondo integrativo è calcolata sulle stesse voci
retributive assoggettate a contribuzione nell’assicurazione generale
obbligatoria, ivi compresa l’indennità integrativa speciale.
Quest’ultima continua ad essere corrisposta a carico
dell’amministrazione, limitatamente alle pensioni in essere al 31 dicembre
1994 e alle pensioni di riversibilità ad esse riferite, in aggiunta al
trattamento pensionistico nella misura in atto alla predetta data fatte salve le
perequazioni al costo della vita.”
(**) sentenza di Cassazione (6170/98)
– Estratto: “Appare logico, che gli ex dipendenti INAM,
andati in pensione prima della soppressione di tale ente, prendano
a riferimento, ai fini del sistema perequativo di cui al citato art.
30, i loro pari grado in
servizio presso l’INPS; beneficiando
sia dei miglioramenti che, attribuiti al c.d. parastato, riguardino
anche i dipendenti dell’INPS, sia dei miglioramenti (quale quello di cui
all’art.13 della legge n. 88 del 1989) che riguardino i soli dipendenti dell’INPS (
e quelli dell’INAIL)”
Camera
deputati, Commissione XI, Giovedì
25 settembre 1997- On Pampo: “L'articolo 7... è stato depurato dall'impegno governativo, assunto
in risposta ad un'interrogazione parlamentare dell'aprile 1997, e riguardante i
fondi integrativi dei dipendenti degli enti parastatali
disciolti? Non si comprende il motivo del mancato inserimento di tali enti
nell'ambito di efficacia della disposizione: si tratta di una sperequazione che
riguarderà circa 3 mila dipendenti. In
conclusione ritiene che il provvedimento
sia piuttosto disomogeneo ed ispirato all'esigenza di favorire interessi di
categorie ben determinate.”)