Pariastato
EUTANASIA
Per qualcuno che si domanda come sia andata a finire la SPORCA STORIA, riportiamo il testamento morale di un manipolo di illusi che per lungo (troppo!) tempo hanno creduto nell'onestà di intenti di coloro (citati nel testo)che ancora adesso vengono contrabbandati come "integerrimi amministratori
|
||
|
Cari colleghi,
sentiamo
il dovere di dare qualche ragguaglio a chi, come Voi, circa un anno fa ci diede
credito. Ripercorriamo, dunque,
le ultime tappe di una ben triste
storia che certo non fa onore a chi
l'ha orchestrata e a chi la
nasconde.
Allora, incoraggiati dalle garanzie costituzionali ed ingannati
da un residuo di fiducia nella correttezza dei nostri amministratori, sull'onda
di disposizioni che reintegravano le posizioni pensionistiche della maggior
parte dei nostri colleghi (persino di
quelli non tutelati dalla legge 70/75 che avrebbe dovuto salvaguardarci!),
ritenemmo di individuare in una petizione lo strumento per attenuare, almeno in
parte, gli effetti negativi delle iniquità perpetrate ai nostri danni.
Raccogliemmo
oltre 200 sottoscrizioni. Anche se oggettivamente non numerose, rappresentano
pur sempre un certo peso,
se rapportate al numero, all'età e alle condizione di salute dei
superstiti tra quei colleghi che nel 1981(!)
si resero conto di essere stati truffati. Allora
erano circa 6000
ed è logico supporre che, ora, siano calati a meno di un quarto. Un buon numero
di adesioni, dunque.
Poiché
precedenti esperienze ci avevano dimostrato l'inutilità di rivolgerci
direttamente a coloro che dovrebbero occuparsi dei nostri diritti (INPS,
Ministeri, Parlamento ecc., anche i Sindacati!), osammo sottoporre tale petizione all'attenzione del Capo
dello Stato accompagnandola, oltre che con una breve ma documentata
ricostruzione degli avvenimenti, con le seguenti parole:
"nel
denunciare alla suprema carica dello Stato il grave disagio di un'esigua
minoranza di italiani che si sentono espulsi dal contesto nazionale giacché
privati degli Organismi decisionali atti ad esaminare i loro problemi e a
tutelarne i sopravvenienti diritti in rapporto al mutare delle condizioni
generali, Le inviamo in anteprima il testo di una petizione in via di
sottoscrizione (con un primo elenco di firmatari)
auspicando che Ella possa intervenire in proposito o, almeno,
voglia indicarci a chi rivolgerci, una volta esaurita la raccolta delle
firme, per ottenere, se non altro, una risposta."
Doppio
firmatario della legge che ci discrimina (come proponente prima e come
Presidente, una volta approvata) era presumibile che, almeno Lui, avesse
qualcosa da dire.
Dopo
un primo riscontro interlocutorio che lasciava ben sperare, dovemmo purtroppo
appurare che anche in quella
direzione la prassi è il silenzio.
Non ancora rassegnati, in data 25 ottobre, ci permettemmo di
inviare un ulteriore appello:
"Ad
oltre nove mesi dalla nostra supplica del 12 gennaio scorso, dobbiamo registrare
che, nonostante il Suo tempestivo interessamento, comunicatoci con nota del 2
febbraio, non risultano ancora formulate le sollecitate valutazioni del
Ministero del Lavoro.
Come
paventavamo nella nostra successiva del 5 maggio, ancora una volta dobbiamo
constatare di non essere minimamente presi in considerazione, malgrado le
asserite attenzioni per gli anziani, i deboli, le minoranze ecc, che,
evidentemente, non valgono per noi.
Ci
sarebbe da chiedersi se il nostro problema non abbia alcuna importanza ma la
risposta non può essere affermativa, se si considera l'impegno e la tempestività
a suo tempo dispiegate per risolverlo per la maggior parte dei nostri colleghi.
Non
ignoriamo che ultimamente abbiamo attraversato tempi elettorali, ed altri assai
gravi, che possono aver distolto l'attenzione da questioni relativamente meno
importanti.
Ciononostante
pensiamo che, in una nazione civile, non per questo si debba trascurare ciò che
può definirsi ordinaria amministrazione, specie se si tratta di questioni di
giustizia e di equità che investono il trattamento di soggetti il cui reddito
è ampiamente inferiore a quello medio nazionale ed è, ormai, sinistramente
vicino al tasso di povertà relativa. Ciò anche se, durante l'intero periodo
lavorativo, è stata obbligatoriamente sostenuta una seconda
contribuzione a favore del Fondo Integrativo del disciolto INAM a fronte
della quale non viene erogata nessuna prestazione.
Del
resto gli stessi fatti non hanno impedito di mettere a fuoco e risolvere
velocemente discussi problemi di natura economica ed altri di natura
procedurale, molto più complessi e dall'origine molto meno remota del nostro,
riguardanti una minoranza a noi comparabile, forse, solo nel numero. Non
certo nel reddito.
Ci
permettiamo dunque di rinnovare l'appello di allora, con la speranza che sia
l'ultimo (ma non come conseguenza della
nostra estinzione) per non dover pensare di non far parte
di quella Patria che, anche noi, facendo senza remore il nostro dovere,
nei posti e nei tempi dovuti, abbiamo
contribuito a costruire e a conservare."
La "risposta" a cura del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica - Ufficio per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali, (partita da Roma il 18.12 e qui pervenuta l'8 di gennaio), è stata la seguente:
Egregio Signor Xxxxxxxxx desidero informarLa di aver provveduto a trasmettere al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'ulteriore elenco di sottoscrittori della petizione relativa al riordino degli enti previdenziali. Colgo l'occasione per inviarLe i più cordiali saluti. p. Il Direttore dell'Ufficio (Dott. Luigi Delli Paoli).
Il
che, dopo un anno, ci riporta al
punto di partenza!
E
in questo giro la parte dell'oca, per di più spennata, tocca a noi!
Eppure
nella supplica del 12 gennaio 2001 avevamo chiaramente lamentato il generale
silenzio, anche del Ministero cui
la Presidenza ora sembra rifilarci, e precisavamo: "Per
noi, invece, nessuno (né l'INPS, compreso il suo Presidente, né il Ministero
del Lavoro
e il Ministro in persona, né i Presidenti del
Consiglio D'Alema e Amato, né parecchi
parlamentari -deputati e senatori- interessati alla vicenda in occasione
della discussione di una legge che
avrebbe dovuto riguardare anche noi) ha sentito il senso civico, se non il
dovere, di dare una risposta, sia
pur negativa, alle documentate istanze inoltrate
per ottenere, almeno, una spiegazione.
Aggiungemmo inoltre
"scuse per il disturbo, che avremmo potuto evitare se
tutti i settori dello Stato svolgessero puntualmente le proprie funzioni
e le Leggi fossero scrupolosamente
rispettate."
Non sappiamo quanto sia voluto l'equivoco circa la presunta nostra pretesa di chiedere addirittura "il riordino degli enti previdenziali" (menzionata nella nota del dicembre) ma certamente si vuole ignorare la vera ragione per la quale abbiamo ricorso al Capo dello Stato, solitamente prodigo di enunciati sui diritti delle minoranze: il fatto che un piccolo gruppo di cittadini da anni, tanti, troppi, sta rivolgendosi ai propri amministratori invocando chiarimenti su un certo tipo di comportamento ritenuto lesivo dei propri interessi e non ottiene riscontro!
Confessiamo di essere stupefatti e disorientati. Questo tacito, generale, pollice verso non trova corrispondenza in altri campi e non sappiamo dare una risposta alle domande che ci tormentano. Richiamiamone qualcuna:
-
Come spiegarsi l'incomprensibile abrogazione del 2° comma dell'art. 14 della L.
70/75, prevista al punto 9) dell'art. 18 del Dlgs 21.4.93 n. 124, (Governo
Amato) inserito surrettiziamente in un provvedimento che avrebbe dovuto
"disciplinare in senso uniformante le
forme pensionistiche complementari", con il risultato di allargare
notevolmente la platea di beneficiari di un trattamento destinato
all'estinzione?
- Che pensare
dell'atteggiamento del Ministro del
Lavoro Treu (in contrasto con una
sentenza della S.C. di Cassazione precedente di soli 9 mesi!) e dell'assoluto
silenzio del Ministero del Tesoro Bilancio e Programmazione nel dicembre 1997 (Ministro
Ciampi), circa la regolarità e
obbligatorietà di certe operazioni, costate
migliaia di miliardi, che suscitarono le "perplessità" del
Collegio dei Sindaci INPS, e segnalate,
senza effetti, alla Ragioneria Generale dello Stato?
-
Come mai a certe categorie (p.e. statali, che non sostennero mai contribuzione
previdenziale tantomeno duplice!) viene tuttora corrisposta l'Indennità
Integrativa Speciale per intero (spesso persino doppia!) anche per pochi anni di
lavoro, mentre nulla si corrisponde a chi
per oltre trentacinque anni ha versato due contributi assicurativi, e gli si
impone, per sovrappiù, un arbitrario "contributo di solidarietà"
a vantaggio di colleghi, favoriti da personalità che passano per
inflessibili risanatori di bilanci e che, se si fosse rispettata la
legge, non avrebbero neppure avuto diritto ad un trattamento già
soppresso da 18 anni?
- perché l'INPS, a proposito di quell'immorale "contributo di solidarietà", continua ostinatamente ad impadronirsene, fingendo di ignorare che è illegittimo poiché posto a carico di pensionati che, come ben sa, non percepiscono nulla di integrazione e che certamente, non rientrano tra i titolari di pensioni ricche, essendo il loro reddito inferiore a quello medio nazionale ed il loro trattamento largamente al di sotto di quello riservato ai propri dipendenti?
- Possibile che nessuno, tra i molti paladini di giustizia ed equità, nonostante le segnalazioni, pensi di impedire questo abuso, gravissimo non tanto per l'entità della trattenuta (2% su 1/2 IIS) quanto per il principio vergognoso, illegittimo e prevaricatore, applicato in danno di chi è già vittima di una clamorosa truffa?
- viviamo noi, del "paria-stato", nella stessa Patria ove l'Istituto di previdenza nazionale dirama con sollecitudine una circolare (82 del 21-4-2000) che interpreta estensivamente una legge e riconosce il pagamento dell'assegno sociale ad apolidi ed extracomunitari "titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno" e ove, per contro, non si vuole nemmeno prendere in considerazione il fatto se sia o no scandaloso non corrispondere nulla ad una defraudata minoranza cittadini italiani che oltre a tasse, contributi e gabelle varie sostenute da tutti, hanno dovuto obbligatoriamente sottostare per decenni ad una seconda contribuzione?
- perché' non si vuole dare il giusto peso al fatto che anche con i proventi di quella seconda contribuzione (oltre ai contanti passati nelle casse INPS: un attivo di 252 miliardi valore 1980!), furono realizzati immobili dal valore di migliaia di miliardi (tra cui le sedi INAM!), la maggior parte dei quali ceduti senza alcuna contropartita al SSN e alle Regioni o che, per quelli rimasti, ci si accinge a svendere (a quali prezzi e a vantaggio di chi?)?
-
qual è la remora per la quale non si trovano il poco tempo ed i modestissimi
fondi necessari a risolvere
un problema di onestà e, a questo
punto, di pudore, che in termini monetari rappresenta l'equivalente di
meno di un decimo di quanto stanziato, a carico dello Stato,
per garantire un trattamento di prepensionamento
(ai ferrovieri) rapportato alla
retribuzione che sarebbero venuti a percepire fra tre anni !; oppure del
compenso di un paio di star televisive (finanziato con un
canone imposto a tutti) o, ancora, di
appena il doppio di quanto stanziato
per i cani randagi nell'ultima finanziaria?
- e, se si vuole rimanere nell'àmbito della categoria, come mai e in che modo si sono trovate migliaia di miliardi non solo per risolvere il medesimo problema anche per quelli originariamente esclusi, ma addirittura per concedere agli stessi generosi "trattamenti aggiuntivi", come p.e. l'assicurazione complementare sanitaria, il cui solo costo complessivo supera certamente quello degli importi a noi depredati?
Molti
altri interrogativi si agitano nelle nostre menti ma, per carità di Patria (ma
quale?) sarà bene smettere! Tanto la risposta sarebbe sempre la stessa: un RETICENTE SILENZIO
---------------------------------------------------------------------------------
Dobbiamo aggiungere che, forse per intuito, prima ancora di essere scaricati dalla Presidenza della Repubblica, nella speranza che al Ministero del Lavoro e politiche sociali l'aria, dopo le elezioni, avrebbe anche potuto essere cambiata, siamo tornati alla carica con i nuovi titolari (inviando loro la petizione accompagnata da note illustrative e da documentazione dimostrativa), interessando dapprima il Sottosegretario on. Dr. Alberto Brambilla (Presidente della Commissione Verifica pensionistica insediata il 18.07.01, incaricata di fare il punto della situazione e formulare proposte di modifiche) e successivamente il Ministro On. Dr. Roberto Maroni, che ritenevamo disponibili poiché entrambi convinti assertori della necessità di piena armonizzazione delle regole tra i trattamenti previdenziali onde raggiungere una maggiore giustizia di base, specie in relazione al rapporto tra carico contributivo e prestazioni.
Nel
rivolgerci al Ministro Maroni (che ha giustamente definito "contributo
di decenza" -come segnale
di solidarietà auspicabile da parte dei più fortunati
nei confronti di chi lo è meno- quello posto a carico dei
titolari di pensioni superiori ai 142 milioni l'anno), abbiamo, anche,
richiamato la Sua attenzione sul fatto che, grazie alla connivenza dei Suoi
predecessori (On. Salvi e Treu) e, più
in generale degli ultimi Governi (On.
Amato e D'Alema), sussista nell'ambito del parastato
un vero e proprio "contributo di indecenza" a carico dei più sfortunati (o angariati) a vantaggio di loro
colleghi più tutelati (o favoriti).
Questo
è stato probabilmente l'ultimo atto, compiuto per un ultimo scrupolo. Temiamo,
infatti, che anch'esso faccia la fine di tutti gli altri tentativi. Si è
lasciata talmente degenerare la vicenda che ci vuol altro che un apparato
statale insensibile ed inerte per trovarne una decorosa, onesta,
soluzione. Forse non c'è nemmeno più la possibilità di recuperare
almeno l'antica, civile, semplice "buona educazione".
In
ogni modo, essendo trascorsi solo tre mesi, rimaniamo in paziente attesa.
------------------------------------------------------------------------------------
E
un ricorso alla Magistratura? E' teoricamente sempre possibile.
A prescindere dal costo e dai tempi necessari,
resta da vedere quali risultati pratici si possono raggiungere anche se, come
nel nostro caso, si ha certamente ragione.
Ci
spieghiamo meglio riportando un caso emblematico. La vertenza è quella promossa contro la mancata
applicazione dell'art. 52 della L. 88/89 che sanciva
l'irripetibilità degli indebiti non dolosi (che oltretutto nel nostro
caso erano illegittimi!) e che, invece, furono dall'INPS proditoriamente
recuperati in tutta fretta nel luglio del 1989.